Archivi tag: città della pieve

La tomba etrusca di Città della Pieve

La tomba etrusca di Città della Pieve. L’antico popolo italico credeva nella sopravvivenza dei defunti. Che i cadaveri fossero inumati o ridotti in cenere, la funzione dei riti era sempre quella di avvicinare la casa dei morti alla casa dei vivi. Un esempio

Incombenze autunnali e un trattore nel campo, poi il terreno che cede. Consueta cronaca di una scoperta archeologica che ha messo in subbuglio Città della Pieve, piccolo centro della provincia di Perugia, noto principalmente per essere la città natale di Pietro Vannucci, meglio conosciuto come il Perugino. Si tratta della tomba etrusca di Città della Pieve, di cui è in corso lo scavo, contenente sarcofagi e urne cinerarie. Indubbiamente un fatto insolito, dato che il luogo non aveva mai restituito testimonianze analoghe. La continuità di vita dal Medioevo all’età moderna è infatti leggibile nel tessuto urbano della città, mentre non rimangono tracce tangibili del passato etrusco, fortemente legato alla vicina Chiusi, al cui ambiente culturale deve nel complesso riferirsi. Sono noti rinvenimenti prevalentemente ottocenteschi di tombe con urne funerarie, però disperse in vari musei, e reperti di particolare pregio come l’urna in alabastro dipinto con coppia maritale banchettante da Butarone, collina a nordovest del centro abitato, databile all’inizio del IV sec. a.C., ora al Museo archeologico nazionale di Firenze. Un altro singolare monumento etrusco, conservato proprio a Città della Pieve, all’interno di Palazzo della Corgna, è l’obelisco in arenaria del V sec. a.C., da riferire ad ambiente sacro come la mezzaluna in bronzo, ora al Museo Gregoriano Etrusco, con elegante iscrizione incisa in caratteri chiusini della fine del VI sec. a.C.

La tomba etrusca di Città della Pieve
La tomba etrusca di Città della Pieve

La natura etrusca di Città della Pieve è dunque riemersa, grazie a un importante rinvenimento del tutto casuale e simile nella dinamica a tante scoperte fortuite più o meno vicine: la  tomba etrusca di Città della Pieve. Così era accaduto a Perugia nel 1983, in località Monteluce, in occasione della scoperta della tomba dei Cutu, che ha restituito un sarcofago in arenaria e 50 urne in travertino. Con le stesse modalità si è dunque verificato il rinvenimento della tomba in località San Donnino, poco lontano dal torrente Chiani, l’antico Clanis che aveva costituito il limite territoriale, già in età arcaica, tra le sfere di influenza delle città etrusche del nord (Arezzo, Cortona) e Chiusi a sud. La sepoltura di Città della Pieve mostra un lungo dromos (corridoio) di accesso e una chiusura costituita da una porta in travertino a due battenti. All’interno è visibile un sarcofago in pietra, appoggiato alla parete di fondo, un altro con resti di stucco, lungo la parete destra, oltre a urne di marmo con personaggi maschili semisdraiati, ornati di collane conviviali, che poggiano con il braccio sinistro su due cuscini e tengono nella mano destra una patera (sorta di piattello per libagioni) ombelicata.

I due sarcofagi sono lisci: il primo, in arenaria, reca un’iscrizione sulla cassa che lo individua come appartenente a una famiglia chiusina, ed è con ogni probabilità riferibile al fondatore della etrusca di Città della Pieve, secondo un uso ben documentato non solo a Chiusi, ma anche nella non lontana Perugia. Anche l’altro sarcofago, dalla superficie stuccata, come già attestato nella Tomba della Pellegrina, reca tracce di caratteri etruschi, che una volta letti potranno fornire ulteriori informazioni sulla genealogia della famiglia di appartenenza. Nella tomba etrusca di Città della Pieve coesistono quindi due riti funerari: l’inumazione, che in ambiente chiusino riprende alla fine del IV sec. a.C. e che, entro sarcofago liscio, in molti casi accoglie le prime generazioni di inumati in tombe di livello gentilizio; e la cremazione, che interessa le urne riferibili a personaggi maschili, che nel caso del ritratto sul cinerario deposto lungo la parete sinistra è ben inquadrabile nella più antica produzione chiusina del III sec. a.C.

Città della Pieve e gli etruschi
Città della Pieve e gli etruschi

In Etruria il culto dei morti ha sempre assunto un rilievo particolare e una precisa ritualità, che si manifesta a seconda dei luoghi e dell’ambito culturale. Il significato ideologico fondamentale è però sempre il medesimo: la sopravvivenza del defunto nell’aldilà accompagnato dai beni che da vivo definivano il suo stato sociale. Tra gli Etruschi i riti dell’incinerazione e dell’inumazione coesistono, rispettivamente con deposizioni entro urne di travertino, marmo, terracotta (Perugia, Volterra, Chiusi) e in sarcofagi (Tarquinia, Tuscanica, Chiusi) con il coperchio che spesso riproduce le sembianze del defunto o su letti funebri all’interno delle tombe.

Spesso epigrafi contenenti il nome del defunto e del suo nucleo familiare sono incise o dipinte sul coperchio o sulla cassa di urnette cinerarie, analogamente su alcuni sarcofagi di personaggi di rango elevato troviamo iscrizioni che ne ricordano la funzione sociale, come nel caso di Laris Pulena, personaggio di rango nella Tarquinia del III sec. a.C. e scrittore di aruspicina. Le necropoli etrusche sono tra le più estese del mondo antico e l’architettura funeraria, nonostante le varietà regionali e cronologiche, mantiene vivo il concetto di avvicinare la casa dei morti alla casa dei vivi.

Cerveteri documenta in modo chiaro lo sviluppo dell’architettura funeraria etrusca dall’inizio del VII sec. a.C. Le tombe più antiche sono di tipo articolato, con elementi decorativi e letti funebri scavati nel tufo. Dalla metà del VI sec. a.C. il numero degli ambienti pian piano diminuisce, fino a diventare un’unica stanza e ai letti si sostituiscono le panchine lungo le pareti. Caratteristica invece della città di Tarquinia è la costante presenza di tombe dipinte dall’età più antica fino all’ellenismo, definite da Massimo Pallottino, primo docente di Etroscologia alla Sapienza di Roma, «il primo capitolo della storia della pittura italiana».

Particolare è poi il caso di Volsinii con la necropoli di Crocefisso del Tufo, cronologicamente omogenea, organizzata secondo spazi uniformi dettati dall’autorità cittadina a dimostrazione della presenza di una classe sociale compatta che ha nel commercio e nell’artigianato le principali fonti di ricchezza. Nel periodo ellenistico sono due le concezioni di tomba che prevalgono: una che riproduce la casa signorile, secondo l’orientamento delle aristocrazie delle grandi città, e di cui l’ipogeo dei Volumni di Perugia è l’esempio più chiaro, l’altra che privilegia l’aspetto esterno del monumento, come è evidente nei centri della cosiddetta Etruria rupestre (Blera, Norchia, Sovana).

La tomba etrusca di Città della Pieve, che ben si inserisce all’interno delle necropoli rinvenute nell’agro chiusino, non è però, allo stato attuale delle indagini, riferibile a una specifica tipologia. Solo a scavo concluso e dopo aver esaminato gli eventuali elementi di corredo sarà infatti possibile avanzare ipotesi precise anche sull’intero contesto e sulla famiglia di appartenenza.

Articolo sulla tomba etrusca di Città della Pieve tratto dal Corriere della Sera La Lettura di Marisa Scarpignato lavora come archeologa presso la Soprintendenza Archeologia dell’Umbria

 

Condivi subito: