Le parole degli Etruschi: Cortona riunisce i più importanti documenti provenienti dai musei del mondo Dalla Mummia di Zagabria alle lamine di Pyrgi, 77 testimonianze scritte su oro, bronzo, lino, pietra
Tinscvil/ Mi unial Curtun: Offerta votiva/Cortona mi ha donato a Giunone.
Il toponimo compare nella breve iscrizione incisa sulla base di una statuetta in bronzo del III-II secolo a.C. A Cortona si scriveva le parole degli Etruschi, e non sempre in maniera così essenziale. È probabile che questa città-stato affacciata sulla valle del Clanis — e che rappresentava un importante avamposto settentrionale dell’Etruria — fosse anche il principale centro di scrittura dell’intera Federazione. Lo fa ipotizzare la presenza sull’acropoli di un santuario dedicato a Uni/ Giunone (divinità della triade celeste) e la conseguente attività degli scribi, appartenenti al ceto sacerdotale; lo possiamo dedurre dall’adozione di un sistema ortografico tipico dell’attuale area tosco-umbra, che trova conferma nei più significativi testi rinvenut

Etruschi maestri di scrittura: un’esposizione che mette in mostra le parole degli Etruschi
Appare quindi legittima la scelta di Cortona come sede della mostra Etruschi maestri di scrittura, inaugurata lo scorso 17 ottobre al Museo Henri Prades di Lattes (Montpellier) e che dal 19 marzo al 31 luglio approderà al Maec, il Museo dell’Accademia Etrusca e della Città di Cortona all’interno di Palazzo Casali. L’esposizione è il risultato di un imponente progetto, finalizzato a ripresentare al pubblico, dopo oltre trent’anni, i maggiori scritti etruschi aggiornati, provenienti da 18 musei italiani ed esteri (tra cui Louvre, Villa Giulia e Museo di Zagabria): 77 testimonianze epigrafiche lasciate in eredità su anfore di bucchero, tegole di terracotta, lamine d’oro, specchi bronzei, cippi in pietra, e perfino sull’unico libro di lino pervenuto dall’antichità, utilizzato per avvolgere una mummia e contenente un calendario rituale che potrebbe — stando a recenti scoperte ermeneutiche — avere elementi cerimoniali comuni alla liturgia cristiana. Tutte queste testimonianze hanno contribuito a districare il mistero che avvolge le parole degli Etruschi.

Se vuoi saperne di più sugli etruschi e il loro misterioso mondo, consulta il nostro catalogo ciccando qui
Da sempre un alone di mistero — creato spesso intenzionalmente — avvolge il mondo degli Etruschi, che vissero in Italia 2700 anni fa, prima di venire assorbiti dai Romani, a seguito di una profonda contaminazione sociale, culturale e religiosa. In realtà, dei cosiddetti Rasenna sappiamo molto: da dove provenivano (dalla Lidia, nel rispetto della versione tramandata da Erodoto), cosa mangiavano, cosa commerciavano, quali divinità veneravano. Sappiamo che erano tanto raffinati nelle manifatture e nelle arti figurative quanto feroci nelle imprese per mare (e pare ovvio, visti i coinquilini europei del I Millennio avanti Cristo). Inoltre, siamo a conoscenza del fatto che scrivevano: utilizzavano un alfabeto di derivazione greca e una struttura sintattica elementare simile al latino, e ci hanno consegnato qualche migliaio di vocaboli (soprattutto toponimi, antroponimi e appellativi) dei quali troviamo corrispondenza nella lingua dell’antica Roma, come fa notare il noto linguista sardo Massimo Pittau.
La mostra di Cortona sarà l’occasione per osservare gli straordinari supporti materiali che reggono questo «corpus inscriptionum», composto perlopiù da scarne testimonianze funerarie e in minima parte da consistenti contributi a carattere religioso e giuridico, nei cui confronti gli archeologici continuano a palesare riserve interpretative, e i pochi linguisti ad avanzare proposte coraggiose ma accolte con freddo distacco.
Parole degli Etruschi fra i pezzi esposti a Cortona
Parliamo dei pezzi pregiati che saranno esposti a Cortona: il già citato Liber Linteus della Mummia di Zagabria (200 righe, 1200 parole leggibili, la testimonianza più estesa arrivata ai giorni nostri), la Tegola di Capua (un calendario di cerimonie funerarie), la Tabula Cortonensis (atto giuridico riguardante una compravendita, o forse un’eredità), le lamine auree di Pyrgi (testo bilingue etrusco/fenicio), il Cippo di Perugia (arbitrato su possedimenti terrieri), il Fegato di Piacenza (un modellino in bronzo di fegato di ovino utilizzato dagli aruspici per l’arte divinatoria), il Piombo di Magliano (una lamina a forma di cuore che riporta indicazioni di preghiere).

«Con l’arrivo della scrittura in Etruria siamo di fronte a una vera e propria rivoluzione antropologica e la mostra vuole esaltare questa eccezionalità — spiega Giovannangelo Camporeale, Lucumone dell’Accademia Etrusca di Cortona che ci illumina sulle parole degli Etruschi— Ancora conosciamo poco la lingua etrusca, i pannelli illustrativi saranno di carattere generale e si limiteranno a fornire un inquadramento storico- culturale dei testi». «Continuo a ripetere che la lingua etrusca non è un mistero — replica Massimo Pittau, che da 35 anni studia i testi etruschi e che recentemente ha avanzato due proposte di traduzione per il complicatissimo Liber Linteus e per il Piombo di Magliano — Possediamo un patrimonio lessicale di oltre 200.000 voci latine e greche, ed è un’assurdità pensare che un popolo che è stato in contatto con i greci e i latini, non abbia condiviso questo rapporto di reciproca influenza linguistica»
Dove e Quando:
Dal 19 marzo al 31 luglio approdano al Maec di Cortona la parole degli etruschi, con la mostra Etruschi maestri di scrittura in collaborazione con il Louvre e il Museo Henri Prade di Montpellier