Un’indagine recente svela che aumenta la vendita del libro di carta: è passata dai 559 milioni di copie del 2014 ai 571 di quest’anno
Nel gennaio 2012 apparve sul Fatto una rubrica domenicale “Fatti di vita” sui libri digitali. Era un’appassionata difesa del libro di carta, firmata da chi scrive, contro il l’e-book. Un libro, si annusa, si tocca, si dedica, si regala. Un libro svela le pieghe del tempo dedicato, a un libro vengono fatte le orecchie, che rappresentano la bussola che ti dirige e indica a che punto del viaggio ti trovi. Tutte queste cose con l’ e-book, il libro elettronico, non si possono fare. E’ vero, su Internet c’è una libreria immensa, infinita. E’ vero, in un microscopico device ci alloggia un’intera biblioteca. Però, però…” Come spiega Firmino, il topo ‘librofago’ del romanzo di Sam Savage: ‘I buoni libri si divorano, lasciano il miele in bocca e un po’ d’amaro nelle viscere’. Cosa avrebbe potuto mangiare, il ratto solitario, per sfuggire alla fame? Megabyte?”.
E COSÌ VIA: senza considerare che, per esperienza diretta, la lettura di un libro digitale lascia alla memoria molto meno rispetto al libro tradizionale. E che sui dispositivi elettronici il libro ha numerosi concorrenti: non parliamo di altri titoli, ma altri dispositivi come app (giornali, giochi, ecc…). Poco tempo dopo quella rubrica sul Fatto Quotidiano è approdato il primo libro in digitale e, dopo l’ubriacatura iniziale da e-book, sul comodino degli italiani sono tornati i libri cartacei (per le ragioni menzionate sopra alle quali si aggiunge la minor affaticamento per gli occhi). Alla fin dei conti è una sorta di compromesso, in tutte le cose va trovato un equilibrio: un po’ carta, un po’ e-book. E questa settimana dagli USA è giunta la conferma del fatto che la fine del libro di carta è stata dichiarata con troppa fretta: una indagine recente condotta da Nielsen ci dice che negli Stati Uniti la vendita di libri di carta è aumentata, ed è passata dai 559 milioni di copie del 2014 ai 571 dell’anno corrente.
Ce lo conferma anche il Corriere della Sera: “Leggendo un sondaggio del Centro di Ricerca Pew, sono sempre di meno nell’ultimo anno gli americani che fanno uso di un e-reader (dal 2011 il calo sarebbe del 50% secondo il New York Times,). Inoltre circa paio di mesi fa la catena britannica Waterstones ha deciso di rinunciare a vendere il Kindle nei propri negozi a causa della scarsità di domansa (definite penose)”. Che siano solo indizi? Probabilmente no: basti pensare che in novembre Amazon ha deciso di aprire la sua prima libreria “fisica” negli Stati Uniti, a Seattle, una libreria che può vantare in catalogo circa 5.000 titoli.
DOPO 20 ANNI il gruppo di Jeff Bezos, che ha dato vita ad un vero e proprio impero grazie alla fortunata formula della libreria universale online e del commercio elettronico, cambia decisamente rotta. Ovviamente il nuovo shop mette a frutto le competenze e le notizie raccolte dal portale sui titoli da evidenziare, individuando i migliori titoli in base alle vendite su internet. Probabilmente è questa la nuova frontiera: una convivenza un equilibrio tra i due formati che hanno potenzialità e usi diversi e che uno non esclude l’altro, ma possono benissimo e senza problema coesistere.
“Il moderno invecchia, il vecchio torna di moda”.