Il Palio di Siena: La Mossa

Uno dei momenti più intensi del Palio di Siena è senza ombra di dubbio La Mossa; ecco cosa ne pensa Francesco Ricci

 

Ci sono distanze che non si lasciano misurare in metri e chilometri, ma in ore, in giorni, in mesi. Quanto è lontana la sala travaglio di un qualunque ospedale dalla stanza d’aspetto (le pareti hanno colori forti e disegni fiabeschi) nella quale un padre attende che gli venga detto che suo figlio è nato e che la mamma sta bene? Quanto è lontano lo studio (la porta a vetri è stata accostata) nel quale l’oncologo sta visionando analisi, esami, ecografia, dal salottino arredato con gusto (agli angoli ci sono anche due piante), dove l’uomo aspetta trepidante in questa brumosa giornata milanese? E’ proprio vero, la vita e la morte, il nascere e lo svanire, spesso finiscono col toccarsi e col confondersi: a separarli il rovescio di un guanto, forse addirittura meno.

La Mossa di Sergio Pratesi
La Mossa di Sergio Pratesi

Sono pensieri sconclusionati e fuori posto questi che mi attraversano la mente, mentre sto in piedi, dentro la Piazza del Campo, col petto schiacciato contro lo steccato di legno. Dietro di me una bambina in equilibrio sulle spalle del babbo domanda cosa si stia aspettando. Alla mia destra, una contradaiola dell’Oca tiene le mani giunte, quasi stesse pregando. Alla mia sinistra, un anziano mastica parole, bestemmie e semi di zucca. Il vigile urbano, intanto, attraversa i palchi con la sua divisa linda e stirata, il braccio sollevato, la busta in bella vista. La porge al mossiere, che l’afferra con la circospezione e la soddisfazione di chi entri all’improvviso in possesso di un segreto capace di ridisegnare esistenze e destini. Un colpo di vento inatteso solleva cartacce al centro della Piazza del Campo. Il mossiere si aggiusta gli occhiali sul naso, estrae il foglio dalla busta e ripone quest’ultima nella tasca della sua giacca di lino color sabbia. Con lo sguardo ora scorre l’ordine di chiamata delle contrade dentro i due canapi. Col dorso della mano si accarezza il volto. Scopre quale, tra le più di tre milioni di combinazioni possibili, abbia preso forma e vita. “Patet omnibus veritas” (“La verità è accessibile a tutti”). No, non ancora. Le labbra del mossiere restano al momento serrate. “Patet omnibus veritas” (“La verità è accessibile a tutti”). Tra qualche istante, forse. Tra qualche istante, di sicuro. Tra qualche istante tutti sapranno, conosceranno, apprenderanno quali giochi della sorte abbiano avuto luogo dentro la fiasca che ha accolto le dieci bilie colorate. “Patet omnibus veritas” (“La verità è accessibile a tutti”). Ecco, ci siamo. Ma prima che la voce esca, prima che il suono si costituisca come parola, prima che il lemma si faccia nome di contrada, appena prima che ciò avvenga, a parlare è il silenzio. Silenzio perfetto, silenzio vasto e sconfinato. Neppure quello della tratta arriva a eguagliarlo, neppure quello della tratta, che pure spacca il cuore, possiede la stessa altezza, la stessa profondità. Chi potrebbe misurare, ora, la distanza che separa ciascun contradaiolo da quel punto , da quel foglio, da quella bocca? Bocca di uomo o di oracolo? Postazione o antro?

Siena di Sergio Pratesi
Siena di Sergio Pratesi

Il caldo e la tensione mi appiccicano la camicia alla pelle. Eppure tanto è il silenzio, che se chiudo gli occhi posso anche credere di trovarmi nella “Grande Chartreuse”, il monastero certosino non lontano da Grenoble, dove Philip Gröning ambientò qualche anno fa un bellissimo film, significativamente intitolato “Il grande silenzio”. Ma stavolta non ci sono monaci, giovani e meno giovani, attorno a me, non ci sono prati dall’erba verdissima e rilievi montuosi aspri e selvaggi. C’è la Piazza del Campo, bellissima, e c’è la folla, c’è il tufo e c’è l’acqua di Fonte Gaia, la fonte della gioia, c’è il sole in alto, sui tetti dei palazzi, e ci sono ombre lunghe in basso, sui palchi, sui cavalli, sui fantini. In fondo credo che questi brevi istanti sospesi, che precedono la chiamata delle contrade dentro i canapi, costituiscono il compendio e l’orizzonte che abbraccia ogni altro silenzio significativo e dotato di valore. I “sovrumani silenzi” dei poeti, degli asceti, dei collezionisti di eremi, le pagine bianche di tutti gli artisti votati alla perfezione e dalla perfezione vinti, il Nulla (“Nihil absolutum”) dei filosofi, il mutismo pietrificato e pietrificante di anime sigillate dalla depressione, il volto incantato dell’innamorato che parla tacendo e tace perché sa che quanto sta provando è, di fatto, indicibile: tutto questo mondo di emozioni inespresse rivive e si raccoglie sul far della sera in questo spicchio di “terrarum angulus”.

 

“Patet  omnibus  veritas”  (“La  verità  è  accessibile  a  tutti”).  Il  mossiere  ha  chiamato  la  prima contrada. Un boato squarcia il silenzio. L’inquietudine e l’attesa, la paura e la speranza, lo sconforto e la fiducia, fino ad un attimo prima perfettamente contenute e confuse dentro quel silenzio, si separano, si disperdono, si fanno parola.

 

Risuonano nell’aria e s’impadroniscono dei volti e degli animi.

 

Occhi Belli di luce di Francesco Ricci
Occhi Belli di luce di Francesco Ricci

 

Vi abbiamo proposto un estratto del libro “Occhi Belli si Luce” di Francesco Ricci, i disegni sono a cura di Sergio Pratesi. In questo capitolo Francesco ci porta a scoprire e a vivere tramite la sua tecnica narrativa, il momento più emozionante, più intenso che si possa vivere in Piazza del Campo: il momento della Mossa del Palio di Siena.

 

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