Voci dal silenzio Storie di vite negate al San Niccolò

Voci dal silenzio: domani la presentazione alle ore 18 all’Orto de’ Pecci a Siena

ALL’ORTO de’ Pecci, domani alle 18, sarà presentato il libro «Voci dal silenzio. Storie di vite negate nell’archivio dell’ospedale psichiatrico San Niccolò di Siena», Nuova Immagine. Con gli autori Vincenzo Coli e Maurizio Gigli, interverranno Pietro Clemente
antropologo, lo psichiatra Andrea Friscelli; il poeta Andrea Laiolo leggerà brani del libro. Sarà presente un componente del gruppo teatrale ‘Chille de la Balanza’, presso l’ex ospedale psichiatrico San Salvi di Firenze.  Seguirà aperitivo.

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Voci dal Silenzio – Siena

Duecento anni fa apriva il San Niccolò; quaranta anni fa fu approvata la legge Basaglia che riuscì ad eliminare quella `istituzione concentrazionaria’, come la chiamavano i sociologi e i medici sensibili.

Il libro è il frutto di una ricerca di Maurizio Gigli sull’archivio storico dell’ospedale, che custodisce una mole di cartelle cliniche e foto, tutte catalogate e digitalizzate. Vincenzo Coli ha dato forma di racconto alle vicende di tre ricoverati: storie comuni ma esemplari.
Alcune cartelle scandiscono, col linguaggio neutro dei medici, la cronologia di enormi sofferenze.

Il volume è arricchito dai saggi di Pietro Clemente, illustre antropologo che ha insegnato all’Università di Siena e ha studiato l’esclusione sociale; di Andrea Friscelli che ha lavorato come psichiatra nel servizio sanitario nazionale e si occupa dell’inclusione di persone svantaggiate.

«La trama – anticipano Coli e Gigli – parla della malattia psichiatrica e racconta tre storie: tre voci dal silenzio, una goccia nel mare delle migliaia di storie che erompono drammaticamente dalle cartelle cliniche nell’archivio storico dell’ex Ospedale San Niccolò. Sono vicende vere, datate fine ottocento, di un uxoricida e della sua sventurata moglie; di un tipografo che sosteneva di essere erede dei Savoia; di una giovane suora.

Vite negate di donne e uomini, per lo più di umili condizioni, gravati dallo stigma della malattia mentale, quindi esclusi dal mondo civile, da un universo di relazioni e di affetti. Precipitati in un mondo a parte, in cui la cura era la coercizione, l’orizzonte quotidiano
escludeva dignità e speranza, il viaggio nelle patologie spesso non prevedeva il ritorno. Bastava, talvolta, una diagnosi di depressione, e i cancelli del manicomio si chiudevano per i ricoverati.

Anche questa forma aveva la banalità del male». Il libro non è solo una testimonianza
ma, concludono gli autori, anche un tributo alla memoria di chi fu rinchiuso dentro il San Niccolò: a queste persone intende, almeno simbolicamente, ridare voce
e restituire un po’ della dignità che fu loro negata».

 

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